A metà degli anni ’70 l’autonomia degli adolescenti si misurava anche con la possibilità di dotarsi di un motorino (scooter era un termine ancora pressoché sconosciuto).
Questione di credibilità
Al compimento dei 14 anni il martellamento nei confronti dei genitori per l’acquisto del due ruote a motore era essenziale. D’altra parte, era in gioco la credibilità tra i pari: non poter esibire un minicentauro comportava problemi di status.
La marca
Superato lo scoglio dell’approvazione di mamma e papà, la discussione si spostava sulla marca. Mica roba da poco, il motorino era come un tatuaggio: ti marchiava a vita.
Il prezzo
C’era sempre un prezzo da pagare.
Ciao: roba da donna?
Il maschio che avesse scelto il Ciao sarebbe stato guardato con sospetto dagli altri ragazzi, essendo dichiaratamente un motorino (vabbè, uno scooter) da donna.
Mica tanto…
Tuttavia il Ciao, con la sua leggerezza, permetteva acrobazie da fighi. Ergo, la qualificazione del possessore doveva essere contestualizzata con altri elementi, come lo stile di guida, l’abbigliamento ed in generale il look.
Confine
Insomma, il confine tra figo e sfigato era labile. Più complessa sarebbe stata invece la connotazione socioculturale degli spin-off Sì e Bravo, ibridi per taluni poco convincenti.
Il Garelli
Più ortodossa la scelta del Garelli, indiscutibilmente un due ruote da “maschio”.
Qui la valutazione si spostava sulla presenza o meno dei pedali: se c’erano eri messo maluccio.
Vip
Meglio quindi puntare al VIP 3 con le marce a manopola (il VIP 4 col cambio a pedale era il massimo). Il modello di punta era quello nero ed oro coi cerchi in lega, molto tamarro ma anche sportivo (la sella lunga era controversa).
Personalizzazione
Acquisito il motorino, Ciao e Garelli che fosse, il passo successivo era la personalizzazione: manopole, sella e soprattutto marmitta. Qui la creatività andava ai massimi livelli, con gioia e tripudio dei negozi di cicli e motocicli.
A Roma
Va anche detto che, spostandosi a Roma (la nostra fotografia è essenzialmente lombarda, anzi, milanese), la situazione era diversa, con il Boxer Piaggio che la faceva da padrone unisex, mentre il Garelli era forse diffuso in periferia. Il grande sogno degli adolescenti rimaneva però la Vespa; anzi, il Vespino.
Podcast
Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (M.L. per 70-80.it)