I misteri degli anni 70 e 80. L’omicidio di Valerio Verbano. I dossier spariti, i colpevoli e il movente mai accertati

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L’omicidio di Valerio Verbano (1961-1980) avvenne a Roma il 22 febbraio 1980. Membro del movimento di sinistra Autonomia Operaia, Verbano fu ucciso in casa da tre uomini mascherati.

Colpevoli e movente mai accertati

Nonostante molte indagini e rivendicazioni, i colpevoli e il movente non sono mai stati accertati.

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L’impegno politico

Valerio Verbano iniziò il suo impegno politico nel 1975 al Liceo Archimede a Roma. Oltre alla politica, aveva passioni come lo sport, la musica e il tifo per la Roma, squadra di calcio capitolina.

L’arresto…

Nel 1979, fu arrestato per fabbricazione di ordigni incendiari e durante la perquisizione furono trovati materiale documentale e un’arma.

… e la condanna

Condannato a sette mesi di reclusione, scontò la pena nel carcere di Regina Coeli.

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Aggressione

Il giorno del suo omicidio, tre uomini armati si introdussero in casa sua facendo credere ai genitori di essere suoi amici.

Uccisione

Una volta legati e imbavagliati, al suo rientro Verbano fu aggredito e ferito gravemente morendo poco dopo.

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Le rivendicazioni

Il giorno stesso dell’omicidio, alle 20, arrivò la prima rivendicazione, siglata da una sedicente formazione di sinistra: il Gruppo Proletario Organizzato Armato.

Frutto di un errore

Il Gruppo affermava di aver voluto “colpire una spia, un servo della polizia”. Nel delirante comunicato, l’omicidio veniva definito come frutto di un errore, rispetto all’intenzione iniziale di punire Verbano con la gambizzazione.

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I Nuclei Armati Rivoluzionari

Un’ora dopo, intorno alle 21, arrivò al telefono un secondo comunicato a firma dei Nuclei Armati Rivoluzionari, la sigla di punta dell’estremismo di destra dell’epoca.

La calibro 38

Nel messaggio si faceva riferimento al colpo mortale partito da una calibro 38.

Ancora i NAR

Sempre a firma NAR, verso le ore 12 del giorno dopo, fu recapitata l’ennesima rivendicazione.

Il volantino

Dieci giorni dopo, comparve a Padova un volantino ancora a firma NAR, che smentiva categoricamente il coinvolgimento del gruppo terroristico nel delitto Verbano.

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Gli inquirenti confermano

Gli inquirenti, che esclusero la veridicità di quest’ultimo volantino, confermarono come rivendicazione più probabile la prima, telefonica, fatta dai NAR.

Il riferimento alla calibro 38

Nel momento dell’arrivo di quella telefonata, infatti, il riferimento al calibro 38 della pistola usata per l’assassinio, effettivamente utilizzata per l’agguato, non era stato ancora confermato nel bollettino ufficiale dell’autopsia redatto dal medico legale.

La testimonianza del vicino

Le prime indagini si basarono sulla testimonianza di un vicino di casa del ragazzo, che dichiarò agli inquirenti di aver incrociato, nei pressi dell’abitazione di Verbano, i probabili assassini in fuga.

Tre assassini

Sulla base della sua testimonianza venne quindi redatto un identikit dei tre, prima che l’uomo stesso decidesse di ritrattare le sue dichiarazioni, forse minacciato.

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I dossier di Verbano

Si cercò anche di capire se l’uccisione abbia origine da quei dossier redatti da Verbano e sequestrati dalle forze dell’ordine nel corso della perquisizione di qualche mese prima, poi misteriosamente scomparsi.

379 fogli

Nei 379 fogli che componevano il contenuto di quei documenti, quasi tutti scritti a mano da Verbano, erano riportati circa 900 nomi di attivisti di estrema destra corredati da indirizzi e (in alcuni casi) anche di numeri di telefono.

Le schede

Altri 16 fogli, trascritti invece da più mani, riportavano appunti, schede di appartenenza politica, piantine di strade e piazze di ritrovo dell’estrema destra romana.

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Attivisti di estrema destra

Tra i nominativi anche i nomi di attivisti di estrema destra successivamente uccisi negli anni di piombo, come Luca Perucci (1962-1981) e Angelo Mancia (1953-1980), assassinato molto probabilmente per vendicare proprio l’omicidio Verbano.

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Istruttoria chiusa

L’istruttoria fu chiusa nel 1989 e il giudice Claudio D’Angelo (1940-2020), pur ritenendo certo “l’ambiente criminoso” legato agli ambienti dell’estremismo di destra, attestò l’impossibilità di individuare dei responsabili.

La riapertura

Nel febbraio del 2011, la Procura della Repubblica di Roma confermò la riapertura delle indagini.

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Due nomi

Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti (1956-2012) ed il pm Erminio Amelio (1959), dichiararono di aver iscritto due nomi nel registro degli indagati.

Ricompaiono i dossier

Proprio in quell’occasione ampi stralci dei dossier compilati da Verbano,  riapparvero improvvisamente in copia fostostatica dagli archivi dei Carabinieri ed entrarono negli atti dell’inchiesta sull’omicidio.

Caso archiviato?

Il 28 agosto 2019 il pubblico ministero Erminio Amelio, dopo 8 anni e mezzo di indagini infruttuose, chiese l’archiviazione del caso.

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Anzi no

Il 9 dicembre dello stesso anno il Giudice per le Indagini Preliminari del tribunale di Roma Francesco Patrone (1961) comunicò al legale dei Verbano, di aver respinto la richiesta di archiviazione.

Ulteriori indagini

Fu disposto dunque lo svolgimento da parte del pubblico ministero di ulteriori indagini. Tuttavia, dopo così tanto tempo, sembrò improbabile che la verità potesse emergere da testimonianze dirette.

Il murale al Tufello

Di recente, al Tufello, quartiere di Roma è stato inaugurato un grande murale che ricorda Verbano (la foto di copertina). L’opera, che raffigura il volto del ragazzo, è stata realizzata dall’artista Jorit (Ciro Cerullo,1990) sulla facciata dell’Istituto professionale Federico Cesi.

Podcast

Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (M.L. per 70-80.it)

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